Privi di lettere, nè disputavano sulle loro credenze, nè cercavano divulgarle. Se non che i loro fratelli delle valli subalpine, quando si riformarono a foggia di Protestanti, spedirono in Calabria alcuni «per rimettervi ogni cosa in buono stato»329, e forse allora solo vennero indotti a ritirarsi dalle assemblee cattoliche, cui prima s'accomunavano, e mandarono a Ginevra Marco Usegli, chiedendo dottori. In fatto venne Luigi Pasquale di Cuneo, già soldato di Savoja, che fece proseliti anche nelle vicine terre della Basilicata, Faito, le Celle, la Castelluccia. Il cardinale Alessandrino e come capo dell'Inquisizione a Roma, e dopo fatto papa inviò predicatori, e nominatamente Gian Antonio Anania di Taverna cappellano in casa Spinelli, che primo gli avea indicato quel pericolo (1561), e Cristoforo Rodrico gesuita, con ampia podestà: ma le minaccie rimasero senza frutto, non volendo essi nè violare i riti antichi, nè staccarsi da luoghi sì belli. Pertanto si ebbe ricorso al braccio secolare; e il duca d'Alcala vicerè spedì Annibale Moles giudice di vicaria e molti soldati, che, secondando i missionarj e il marchese Spinelli, costringevano andare alla messa, i disobbedienti colpendo nei beni e nella persona.
Spinti alla disperazione, essi impugnarono le armi, e ricoveratisi nelle foreste dell'Apennino, prima alla spicciolata, poi in giuste battaglie combatterono; alfine disfatti si ricoverarono in Calabria alla Guardia che avea postura favorevole, mura e due corsi d'acqua. Il marchese, nelle cui terre si trovava la Guardia, mandò colà cinquanta uomini, fingendo fossero delinquenti che voleva relegare in quella fortezza; i quali penetrati, trassero fuori le armi, s'impadronirono dei posti, e sopraggiunti altri armati, incatenarono tutti gli avversarj.
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