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      A chi conosce la storia, foss'anche solo la contemporanea, non farà stupore che l'isola di Sicilia anche in fatto d'Inquisizione operasse tutt'altrimenti da Napoli. Lasciam via le disputate origini apostoliche delle chiese di quell'isola, ma fin da' primi tempi vi troviamo amplissimi possessi della Chiesa romana. Il papa v'era anche metropolita, e solo Leone Isaurico obbligò i Siciliani a dipendere dal patriarca d'Oriente, istituendo due metropoli, Siracusa e Catania339, cui s'aggiunsero poi Taormina, Messina, Palermo. Si mantenne salva dagli errori degli Ariani, dei Pelagiani, dei Nestoriani, tantochè san Leone, mandando al Concilio di Calcedonia Pascasio vescovo di Lilibeo, lo dice fratrem et episcopum meum, de ea provincia quæ videtur esse securiorem; e virum de securiore provincia fecimus navigare340. Antichissimi pure vi sono gli Ordini religiosi, alcuno dei quali sussiste fin oggi senza interruzione.
      Conquistaronla poi i Saraceni, che qualche moderno vuol dipingerci come tolleranti e autori di gran civiltà, sino a rimproverare i Siciliani perchè respinsero quel giogo e quella fede. Tali sentenze oggi si chiamano liberalismo: ma tutta la storia e le leggende attestano quanto i natii avessero a soffrire in fatto di religione341. Il conte Ruggero normanno, che poi liberò l'isola, la chiama habitaculum nequitiæ et infidelitatis342; e Urbano II il 1093 scriveva ai vescovi di Siracusa: «La gente saracena entrata in Sicilia, quanti trovò cultori della fede cristiana uccise o dannò all'esiglio od oppresse di miserabile servitù, in guisa che quasi per trecento anni cessò di venerare il suo Dio»343.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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