Nel Codex juris pontificalis auctore Francisco Candini (Palermo 1807) al tom. iv, p. 397 sono esposte le competenze e le procedure degli Inquisitori. Questi eran nominati col vicerè: dall'uno poteasi appellar all'altro: giuravano serbar il secreto.
Sulle prime i Siciliani non mostrarono repugnare dall'Inquisizione spagnuola, sì perchè temeano le opinioni nuove, sì perchè essa operava mitemente. Come opportuno a impedire le esuberanze de' magistrati, tanti ricorreano a quel tribunale che si dovette stabilire quali delitti non vi si poteano portare. Molti, anche baroni, volean esserne officiali perchè godean privilegio di foro. Gli inquisitori non risedeano stabilmente nell'isola, ma vi comparivano solo a tempo: però arrolavano familiari e foristi, immuni dalla giurisdizione ordinaria; accettavano denunzie segrete; agli accusati ricusavano il difensore e il confronto de' testimonj, e i supplizj eseguivansi rari e senza pompa. Pure il parlamento elevò la voce contro di questi, come fossero stati e condannati alcuni non rei, ed estorte confessioni, confiscati beni.
Il re ascoltava i richiami, ma proseguiva, e i vicerè parteggiavano per una istituzione spagnuola, monarchica e avversa a Roma. Allora poi che vi si scopersero dei Luterani, il Sant'Uffizio s'applicò a reprimerli, e prese tal fidanza da operare non solo come indipendente, ma superiore al Governo351. Anzi col procedere del tempo giunse al punto da scomunicare la gran corte e l'arcivescovo: e il governatore dovette mandare mille armati contro il palazzo dove i padri inquisitori si erano fortificati (1602).
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