Non andava che a piedi; come generale dei Domenicani redense molti conventi dai debiti; si segnalò nell'alta Italia per zelo inquisitorio; e l'opposizione che trovò dapertutto rivela non tanto l'allargarsi delle opinioni riottose, quanto il ricalcitrare alla violenza. Avuto spia che a Poschiavo, paese italiano e di diocesi comasca, ma nel civile appartenente ai Grigioni, si stampassero libri ereticali destinati all'Italia, e che alcune balle erano state spedite ad un negoziante di Como, frà Michele le sequestrò. Era vescovo di Como Bernardino Della Croce, ma Carlo V non volea dargli il placet perchè amico di Paolo III e de' Farnesi: laonde governava il capitolo comasco, che spalleggiato dal governatore Gonzaga, volea fossero restituite; e non riuscendo, il popolo ne levò rumore; i fanciulli presero a pietre frà Michele mentre entrava nel monastero, posto ne' sobborghi; ond'egli a fatica ricoverossi in casa dell'Odescalchi, che apparteneva alla compagnia della Croce di Como, e il governatore gli ordinò andasse a Milano per amor di quiete. Egli obbedì, ma poichè i canonici andarono a Roma, v'andò egli pure, fu la prima volta che vide la città che dovea poi divenir sua. Anche a Morbegno in Valtellina ordì processo di eresia contro Tommaso Planta vescovo di Coira, senza citarlo, nè nominare i testimonj; sicchè i Grigioni gli fecero vietare di procedere contro chicchefosse, se non con loro licenza: e perchè egli, obbedendo sulle prime, rinnovò poi le processure, il popolo a pena si tenne che non gli mettesse le mani alla vita.
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