Fra questi contava sei gentiluomini bolognesi.
Ai 28 maggio 1569 un altro Atto, in presenza di ventidue cardinali, dove quattro impenitenti furono dannati al fuoco; dieci abjurarono, tra' quali Guido Zanetti di Fano. Costui nel 1537, essendo a Londra, comprò molti libri d'eretici, e bevutone le massime, tornò in Italia l'anno dopo, prese usata con varj eretici di qui e di fuori, e vantavasi d'aver la maggiore raccolta di libri eterodossi che fosse in Roma. Udendo poi che a Curia Sabella erano stati presi varj eretici, fuggì a Napoli nel 1545, donde a Venezia, benevolmente accolto e sussidiato da Donato Rullo, e frequentava Latanzio Ragnone ed altri apostati. Passò quindi in Sassonia, conobbe l'elettore, il duca Giovanni Federico e il landgravio d'Assia, e fingendosi un capitano di Enrico VIII d'Inghilterra, prese servigio nel loro esercito contro l'imperatore. Girando la Germania, conobbe i principali eresiarchi, visitò più volte la tomba di Lutero, rivide Venezia, poi l'Inghilterra, e v'assistette al ristauramento della religione cattolica, fatto dalla regina Maria e dal cardinale Polo. Reduce in Italia, non cessò la domestichezza col Carnesecchi, con Endimio Calandra, Pietro Martire, l'Ochino ed altri. Informatone il Sant'Uffizio, sotto Pio IV fu arrestato a Venezia il 23 febbrajo 1561, ma per istanze fatte dalla regina Elisabetta alla Repubblica, fu disciolto. Sopravenuti nuovi e maggiori indizj alla Inquisizione romana, il luglio 1566 fu preso a Padova, e condotto a Roma, confessò trentotto capi d'eresia, professati fino dal 1537, onde fu condannato, ma non è vero quel che dice il Tuano che fosse bruciato, avendo fatto pubblica abjura il 20 maggio 1569 in Santa Maria sopra Minerva, dategli penitenze, il giorno stesso che il Cellario fu messo a morte, egli restò condannato alla prigione (dice il residente veneto) «parte perchè dicono che per lui si ha avuto notizia di molte cose importanti, parte perchè non è mai stato abjurato, e però non si può aver per relapso, se ben ha continuato nell'errore tanti anni, e li canoni non levano la vita a chi è incorso in errore per la prima volta».
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