Bernardo Trevisano, nato il 1406 da famiglia di conti, ispiratosi dagli arabi Geher e Rases, spese da tremila scudi in esperienze d'alchimia; poi si volse a quegli altri gran maestri Archelao e Rupescissa, e in quindici anni di pruove, «tanto in ciurmadori che per sè» spese circa seimila scudi per trovare la pietra filosofale, con cui i metalli trasformavansi in oro. È bizzarro udire i varj stranissimi metodi che imparò da medici, frati, teologi, protonotarj, ingannati o ingannatori. Qual meraviglia se la fatica e l'ansietà gli diedero una febbre che durò quattordici mesi, e fu per torgli la vita? Guarito appena, ode da un cherico del suo paese che maestro Enrico, confessor dell'imperatore, sapea preparare la pietra filosofale. Avviasi dunque per la Germania, e con difficili mezzi introdottosi presso di quello, ne ebbe dieci marchi d'argento e il processo, che era sifatto. Mesci mercurio, argento, olio d'ulivo, solfo; fondi a fuoco moderato; cuoci a bagnomaria, rimenando continuo. Dopo due mesi si secchi in una storta di vetro coperta d'argilla, e il prodotto si tenga tre settimane sulle ceneri calde: vi si unisca piombo, si fonda al crogiuolo, e il prodotto si sottometta alla raffinazione. Quei dieci marchi doveano allora trovarsi cresciuti d'un terzo, ma ohimè! al fine di tanto lavoro non erano più che quattro.
Il Trevisano desolato giurò abbandonare queste fantasie; sicchè i parenti ne esultavano; ma dopo due mesi rideccolo al lambicco. Persuaso però che gli occorressero i consigli di gran sapienti, andò a interrogarli in Ispagna, in Inghilterra, in Iscozia, in Germania, in Olanda, in Francia, e viepiù in Egitto, in Palestina, in Persia, sede di quelle dottrine; a lungo si badò nella Grecia meridionale, visitava principalmente i conventi, coi monaci più rinomati travagliando alla grande opera.
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