Marsilio Ficino, De vita, asserisce che è «assioma fra i Platonici, e che sembra appartenere a tutta l'antichità, vi sia un demone a tutela di ciascun uomo al mondo, e ajuti coloro, alla cui custodia è proposto. Famigliare di casa Torelli di Parma era la figura d'una brutta vecchia, la quale appariva sotto un camino quando dovesse morir uno della famiglia».
Gli scrittori cattolici asseriscono che Lutero e Zuinglio aveano un diavolo famigliare, e al diavolo portentosi fatti attribuiva Lutero.
Quel bisogno essenziale alla natura umana d'ampliare il mondo visibile mediante la fantasia, bisogno maggiore in tempi o fra persone dove l'istruzione non dilata la vista sulla storia e sull'universo, avea creato o qui trasferito dall'Oriente quelle fate benevole, che appiacevolivano i racconti e le fantasie, anzichè sgomentassero, quali la Melusina, la Morgana, che il sabbato convertivansi in serpi, gli altri giorni godevano della loro bellezza e d'una vita che partecipava all'immortale. Anche il genio famigliare e i folletti mostravansi ora amorevoli e serviziati, ora maligni ma in burle e arguzie. Un padrone superbo comandò a un villano di trasportare a casa una quercia grossissima, o guai a lui: l'impresa eccedeva le forze del misero, che ne rimaneva desolato sinchè un folletto gli si esibì, e presa in collo la pianta come un fuscello, la collocò traverso alla porta del padrone, indurendola talmente, che nè accetta nè fuoco valsero a intaccarla, sicchè fu forza aprire un'altra porta: ciò accadde per l'appunto nell'anno di grazia 1532. Il padre inquisitore Girolamo Menghi di Viadana, persuasissimo di tali fatti, de' quali riempie il suo libro381, fra altri aneddoti curiosi racconta d'un folletto, famigliare ad un garzone sedicenne mantovano, che inseparabilmente l'accompagnava or da servo, or da facchino, or da mastro di casa.
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