Non son i prodigi della raddomanzia, che vedemmo asseriti ai dì nostri?
Lo stesso don Antonio gli narrò che, in Noventa sul Vicentino, a una fanciulla mandavasi un fazzoletto del malato, ed essa il faceva venir grande grande, poi piccolo piccolo; che se tornasse alla dimensione primitiva significava guarigione; se no, morte. Egli le mandò il suo fazzoletto, fingendo fosse d'un'inferma; nè la fanciulla se n'accorse, perchè egli era esorcista; ma visibilmente lo fece ingrandire e impicciolire, poi tornar di misura. Ed altre belle ne raccontò quel don Antonio allo Strozzi382.
Quelle ubbie antiche meriterebbero soltanto compatimento se fossero rimaste nel campo della speculazione; ma la natura umana ha una terribile inclinazione a tradurre le credenze in fatti. E così avvenne delle streghe, uno dei tanti errori dalla civiltà antica trasmessici, che il medioevo pascolò di leggende, nelle quali si confondeano il misticismo e l'empietà, il tremendo e il buffo. Tale credenza fu repulsata dai legislatori, fin da' rozzissimi Longobardi; e se comminavasi qualche pena, consisteva nel sottoporre le maliarde alla pruova dell'acqua fredda, mandando assolte quelle che non restassero a galla; il che forse era un artifizio per salvarle tutte. Quanto alla Chiesa, adducevasi un canone di papa Dámaso, che fu repudiato poi, per falso, dove sono attribuiti a mera illusione i traslocamenti delle streghe; sicchè alcuni teologi dichiaravano peccato mortale ed eresia il credere ai notturni congressi383. Eppure il padre Cóncina, nella vasta sua teologia pubblicata dopo il 1750, accettava i prodigi delle streghe e dei concumbenti come sentenza comune384.
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