Descrive i fenomeni del tarantismo: e che spesso all'entrare in una città erano obbligati a depor le armi e le pistole, ricuperandole poi all'uscita; del che non sa trovar la ragione, massime che v'ha osterie dove si è in maggior pericolo che sopra alcune strade di Lombardia e di Toscana. A Roma fa il solito piagnisteo sulla diversità dall'antica; ma sopratutto decaduti gli sembrano gli uomini, la più parte ignari fin delle lettere. «Poeti, filosofi, oratori v'ha per certo, ma tali che non vorresti udirli: chiamano poeti certi ciarlatani, che cantano per le strade versi lascivi; filosofi che tutto attribuiscono alla natura, o secondano le voluttà; oratori che mai non lessero Cicerone nè Demostene, ma arringarono una o due cause». Sul partire, l'Inquisizione lo colse, e gittò nel carcere, ove stava da un anno Pompeo De Monti barone napoletano, reo d'uccisioni e d'incendj, ma allora imputato d'eresia. Il Camerario si confessò luterano, onde cercarono trarlo alla nostra chiesa: e se il domenicano frate Angelo lo vessava, il gesuita Canisio gli procurò agevolezze e libri, usavagli ogni cortesia il dottor Donato Stampa milanese: un Cencio carceriere lo salvò da insidie e veleni: un ignoto gli offerse denaro pel ritorno. Egli medesimo ne stese una Relatio vera et solida per dimostrare come Dio, per mezzi insperati, campi i suoi dalle mani de' nemici, e liberi dalle calunnie. Suo inquisitore era stato il Ghislieri, onde si spiega perchè gli si avventa accanito.
Poco dopo capitava a Roma anche il famoso moralista Montaigne, che la chiama «la sola città comune e universale, la metropoli di tutte le nazioni cristiane, ove lo Spagnuolo e il Francese e ciascuno è come in casa sua». Gli si rovistarono attentamente i bauli, specialmente pei libri, trattenendogli quelli sospetti.
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