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      Anche dal carteggio di Spagna di monsignor Minerbetti trapela la sollecitudine di Cosimo perchè si radunasse il Concilio, atteso che, o si conclude e allora la buona morale può guadagnarvi: o no, e questa non è peggiorata, restando nello stato presente: brama che ciò notifichi al re cattolico, esortandolo ad opporsi ai Concilj nazionali, come domandavano gli arcivescovi di Siviglia e del Gallo (?).
      Poi nel 1561 scriveva al papa:
      «Vostra santità non si lasci persuadere a intimar il Concilio con due cuori, l'uno d'intimarlo, l'altro di non lasciarlo poi seguire liberamente; perchè così facendo, quanto a quello che tocca a Dio, essendo questa sua causa, non bisogna ingannarsi: anzi è molto meglio lasciarlo di fare, che fare come si fece a Trento, che fu di scandalo ai Cristiani e di disonore al superiore: perciò lo faccia con animo risoluto e liberamente».
      A quel Concilio Cosimo tenne sempre ambasciadori, dai quali veniva informato minutamente, sicchè la sua corrispondenza sarà una fonte copiosa per chi ancora volesse tesserne la storia452.
      Scontento di vedersi pari o inferiore ad altri principi d'Italia che sorpassava in potere ed in sublimità, e principalmente ai duchi di Savoja, che rimanevano vassalli dell'Impero, e che guadagnavano col metter a servizio altrui il proprio braccio e i soldati, Cosimo ambì il titolo nuovo di granduca, e lo chiese al papa, che conservava ancora la supremazia sui troni della terra. «Il romano pontefice, nell'eccelso trono della Chiesa militante collocato sopra le genti ed i regni, coll'acume dell'indefessa mente perlustrate le provincie del mondo cattolico.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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