E gliene riparla spesso; e il 5 agosto 1559:
«Non potrebbe la s. v. credere, nè io facilmente saprei dire la gran consolazione che piglia monsignor Carnesecchi leggendo quello che la mi scrive di lui, e gli pare in questa sua persecuzione aver pur fatto questo guadagno, d'avere cioè scoperto d'esser amato più che non sapeva da molti buoni, e particolarmente da lei, ecc.».
E il 19:
«Come ho scritto altre volte, monsignor Carnesecchi legge sempre tutto quello che la molto reverenda s. v. mi scrive nel suo particolare, e con tanta sua satisfazione e contentezza, che io non basto per esprimerle. E certo si ha ragione, perchè quello mostra in questa sua fortuna un animo veramente amico e da vero uomo da bene, e so ben bene che la sa che si stima più una dragma d'uffizio in certi tempi, che in altri le migliaja delle libbre. So ben io quanto il suddetto monsignor le resta obbligato, e quanto innamorato di questa sua affezione in questi tempi. Egli mal volentieri si contiene di scrivergli, però giudica di far meglio così: la lassa passar rimettendosi a me, sebbene non possa dir tanto che lo satisfaccia. E in questo proposito io voglio far intender alla s. v. un bel caso, stato narrato a me pur jeri da un cappellano del cardinal Trivulzio, che pur ora è tornato in Francia, et è mio amicissimo. Costui, venendo meco a ragionar di monsignor Carnesecchi, e dolendosi de' suoi travagli, mi disse: tu non hai forse più inteso quello ti dirò adesso. Tu ti dei ricordare che tre anni fa predicò in San Prpl (?) un frate di san Agostino, chiamato il Montalcino.
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