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      Intanto si seppe alla Corte il mio arrivo e disegno. Onde alcuni nostri cervelli fiorentini, che ordinariamente si tengono alla Corte, cominciarono subito a dire che io non era partito d'Italia per causa dell'Evangelo, ma per servire in Corte per spia dell'altezza vostra e del re Filippo, e non solo ne parlarono tra loro, ma lo persuasero al conte Tornon et al re di Navarra, e come piacque a Dio protettor degli innocenti, un Fiorentino amicissimo mio, e che mi è molto obbligato, mi scrisse che io non andassi altrimenti alla Corte fin che esso non mi parlava, e venne in Parigi dopo due dì, e mi rivelò tutto il mistero, onde ai ministri non parve ch'io dovessi altrimenti andar alla Corte, non considerando tanto il pericolo che io potessi portare, quanto il disonore che ridondava alla causa di Dio, poichè sarebbe stato stimato che io fossi partito d'Italia non per servir a Dio, ma per servir a principi et in un modo sì brutto. La qual considerazione causò che non mi fermai anco appresso Madama di Ferrara, ma a di lungo, dopo aver parlato con lei e contra sua voglia, me ne venni a Ginevra, dove, sebbene ho a mendicar il cibo, vivo contentissimo poichè ci abbonda tanto pane e tanto cibo spirituale, che è il cibo che non perisce mai. È ben vero che, se la regina si condurrà col re e coi fratelli del re in Orleans per levarli dalla rabbia del re di Navarra, de' cardinali, del connestabile e del marchese Sant'Andrea, che hanno cominciato insieme con monsignor di Ghisa a far il consiglio a parte, ecc.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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