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      Paolo IV avea scomunicato il Carnesecchi in contumacia; Pio IV aveva ottenuto dal granduca d'averlo a Roma, ove però nel 1561 sì ben si difese, valendosi principalmente dell'esser bruciate molte carte alla morte di Paolo IV, che ottenne sentenza assolutoria, riconosciuto buon cattolico e obbediente alla Chiesa. Ma venuto papa l'austero Pio V, questi pensò che all'estirpazione dell'eresia convenisse il tor di mezzo chi n'era principale sostenitore470. Pertanto al duca Cosmo scrisse in latino, di proprio pugno, ai 20 giugno 1566: «Per cosa che sommamente rilieva all'ossequio della divina maestà e alla cattolica religione, mandiamo con questa nostra il maestro del sacro palazzo: e se non fossero stemperati i calori, talmente ci preme quest'affare, che n'avremmo incaricato il cardinal Paceco. Abbiate ad esso maestro egual credenza come a noi stessi. Così Dio conservi voi, col figlio e colla nuora, e benedica i cardinali, come noi di cuore vi diamo l'apostolica benedizione».
      Fosse debolezza o proposito d'ingrazianirsi il papa, fosse fiducia di vedere il Carnesecchi sguizzarne ancora, Cosimo, che ricevette la lettera mentre l'aveva seco a pranzo, il consegnò, dicendo che, se, per l'egual titolo, Pio gli avesse chiesto suo figliuolo, glielo darebbe incatenato. Il papa ne lo fece ringraziare caldamente, aggiungendo che «se gli altri principi cristiani in questa parte gli somigliassero e l'imitassero, le cose della religione andrebbero con più prospero corso, maggiore ossequio a Dio, e quindi più felice benefizio di tutta la cristianità»471.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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