Prete come lui era il suo antagonista Anton Francesco Doni, bizzarrissimo come uomo e come scrittore, e che, tra infiniti libercoli pazzi, scrisse una Dichiaratione del Doni sopra il XIII cap. dell'Apocalisse contro gli heretici con modi non mai più intesi da huomo vivente. Che cosa siano la nave di san Pietro, la Chiesa Romana, il Concilio di Trento, la destra della nave, la sinistra, la rete e i 153 pesci dell'Evangelo di san Giovanni, e ciò che significhino: con altre intelligenze della sacra scrittura secondo i cabalisti (In Vinegia, Giolito 1562).. Costui voleva esser emulo dell'Aretino, al quale pareggiavasi Nicolò Franco, fiero dilaniatore di principi, di papi, del Concilio di Trento, finchè Pio V lo condannò alla forca. Egli esclamò: «Questo è poi troppo».
Se qualche mio contemporaneo si ravvisa in questi originali, la colpa non è dello specchio.
Cresciuti i rigori in Toscana, il Torrentino tipografo migrò ne' paesi del duca di Savoja, e stampò le storie di Giovanni Sleidan, probabilmente tradotte dal Domenichi; e i Giunti a Venezia, ove la maggior libertà lasciava prosperare la tipografia. Alla stamperia dei Giunti lavorò Francesco Giuntini fiorentino (1522-90) carmelitano, che scrisse d'astrologia, poi apostatò in Francia, indi ravvedutosi, fece pubblica abjura in Santa Croce di Lione. Quivi stette correttore di stampe, e con una banca guadagnò sessantamila scudi, di cui tremila lasciò ai Giunti; ma sepolto sotto le ruine della propria biblioteca, di tal somma non si rinvenne traccia.
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