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      All'autorità del Caracciolo si adagia il Ranke, il quale non sa indursi ad attribuir quell'opuscolo al Paleario, come neppur noi possiamo persuadercene. Nel processo del Morone, varj interrogati su questo libro rispondono ignorarne l'autore. Un librajo veneto che ne spacciò molte copie, dice: «Mi non ve so dir chi l'abbi composto, nè da che banda sia venuto... So che si vendeva per tutta Italia, e che si leggeva passim da tutti i cattolici». Esso Morone assevera che allora se ne conosceva benissimo l'autore. Un testimonio risponde: «Intesi dire, non so da chi, che l'autore era stato un monaco benedettino nero, amico del Valdesio, il qual monaco non conosco nè per nome nè altro; che di poi il Flaminio l'avea riveduto e rassettato a suo modo, e dato alla stampa». Nel processo del Carnesecchi si dà esplicitamente come opera di un frà Benedetto da Mantova benedettino, che lo lavorò appiedi dell'Etna, e che poi lo fece forbire dal Flaminio. Malgrado ciò, io propendo a crederlo traduzione, parendo da una parte dissimile dai lavori congeneri d'Italiani, dall'altra sentendovi tanto sapor toscano. Certo è più semplice che il Paleario non costumi nelle scritture sue, le quali del resto son tutte in latino; eppure al Paleario lo farebbero attribuire il professare egli aperta la dottrina del Cristo satisfatore quale sta nel libretto, e la difesa che fece di se stesso515.
      Perocchè gli scritti e le sue opinioni aveangli suscitato molti nemici, a capo dei quali Ottone Melio Colta sunnominato, che forse è anagramma di Orlando Marescotti: da trecento accusatori presentaronsi; dodici si offersero a testimoniar contro di lui, che davanti al senato di Siena si difese con una pomposa arringa latina, tutta retorica516. Ma in questa, non che scagionarsi, confermerebbe le accuse: dice che, per aver denunziati due mostri di religione, procacciossi la nimicizia di tutti i cucullati, i quali come porci s'avventano su chi uno toccò. «Io aveva discorso della repubblica designata avanti i principj del mondo e stabilita da Dio, della quale duce, autore, moderatore unico è Cristo; della legge abrogata, del gravissimo giogo della servitù discorremmo quel solo che ci permetteano questi miseri tempi, quando non è senza pericolo il palesare ciò che si desidera.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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