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      Qui profonde lodi al fuggiasco; poi viene a confutar le accuse. «Dici ch'io la sento coi teologi germanici. Ma in Germania ve n'ha di eccellenti. Tu però intendi Ecolampadio, Erasmo, Melantone, Lutero, Pomerano, Bucero e gli altri sospetti? Nessun teologo nostro fia così stupido da non capiere che molte cose in essi son lodevolissime, e desunte dai primi Padri, e dai commenti di Greci e di nostrali non disprezzabili, talchè chi gli accusa, accusa Origene, il Crisostomo, Cirillo, Ireneo, Ilario, Agostino, Girolamo. Dei fatti de' Tedeschi non tutto approvo: lodo d'aver suscitato le buone lettere latine, ridesti gli studj divini che giacevano oscuri; trovato e stampato libri latini, greci, caldaici, assegnato onorevoli stipendj ai professori. Seguirono poi discordie intestine, sommosse di popoli, guerre, che per la carità fraterna a me pure recarono immenso dolore. Chi non loda quelli, e non disapprova questi effetti?»
      Insomma egli professa di non assentire agli eretici di Germania, ma reclama il diritto di trar le proprie credenze da antichi documenti, dalla Scrittura, dai Padri: e senza confessarsene autore, sostiene le medesime dottrine del libretto. Eppure non troviamo gliene derivasse altro inconveniente che d'essere mandato via da Siena. Allora passò a Lucca, con commendatizie del Sadoleto e del Bembo, che gli insinuavano d'usare prudenza. Ivi nel 1546 ottenne cattedra d'eloquenza e missioni pubbliche, e dovea recitare ogni anno due discorsi in grandi occasioni. Li possediamo, e son mera retorica, donde non trapelano dissensi religiosi.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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