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      Il Laderchi dà come sua principale incolpazione l'aver pubblicato un libro, dove avea finamente stillato il veleno ereticale: veleno in lui talmente connaturato, che l'avea ripetuto in un'arringa scritta ai padri della senese repubblica; e soggiunge dicesse ai cardinali del Santo Uffizio: «Poichè le vostre eminenze han contro di me tante buone ragioni, non fa mestieri che prendano, o che diano a me più lungo fastidio. Io son fermo di operar secondo vuole san Paolo: Cristo ha sofferto per noi, lasciandoci un esempio da seguire: non avea fatto male, non si trovò frode nelle sue labbra; ingiuriato non rispose, soffrendo non minacciò, ma affidò se stesso a Colui che giudica giustamente. Procedete dunque nel giudizio, proferite la sentenza contro di Aonio, e date così soddisfazione a' suoi avversarj, e adempimento al vostro incarico».
      Dopo lungo carcere fu condannato ad essere strozzato ed arso.
      È vero che in morte si pentì? Dai ricordi spettanti alla Compagnia della Misericordia di san Giovanni Decollato de' Fiorentini di Roma si trasse un'annotazione di quelli che assistettero a' suoi estremi momenti, e che ne narrano il pentimento, e come «confesso e pentito chiedesse perdono al Signore, alla sua gloriosa madre, e a tutta la corte del cielo, volendo morire da buon cristiano, e credendo tutto quel che crede la santa Romana Chiesa, e così fu morto e bruciato l'8 luglio 1570»520.
      Eppure negli ultimi giorni scriveva a' suoi: «Consorte mia carissima; Non vorrei che tu pigliassi dispiacere del mio piacere, nè a male il mio bene.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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