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      Ma io mi confido in Dio, ch'avendo, siccome io tengo per fermo, la verità dal mio lato, e non iscrivendo ad altro fine che per manifestarla a chi ella fosse oscura, a gloria d'esso Dio e profitto degli studiosi delle sacre lettere, non saranno, come ho detto, le mie fatiche punto vane. Finita ch'io abbia quest'opera, la quale, per molte risposte che mi convien dare a molti paralogismi e sofisterie dell'avversario, sarà un giusto libro, mi convien dar fine ad un'altra opera maggiore e di vie più gran momento, della quale ho scritto altre volte al sig. Bargaglio, sopra una grandissima disputa ch'io ebbi con un predicante, che venendo di Geneva, me ne mosse parole in Basilea, sopra la giustificazione nostra. Quindi venne ch'io scrissi al Bargaglio di volermi pigliare la traslatazione de' Salmi per passatempo, non perchè io non sappia molto bene, che e a me e ad ogni altro conviene sudare molte volte volendo condurre una tale impresa a mezzana perfezione, nè perchè io voglia esservi punto negligente, ma perchè, facendo paragone da queste altre fatiche, nelle quali, o in simili, io sarò continuamente involto, a quella, queste mi pajono veramente fatiche, e quella quasi una ricreazione d'esse, alla quale ricreazione ritornerò subito ch'io possa, non avendo infino a qui vulgarizzati più che undici Salmi e mezzo. Ma per ritornarvi mi fa di bisogno d'alcuni libri, li quali non so come io possa far qui ad avergli.
      «Sonomi infinitamente rallegrato che il Signore Dio, in luogo della femina nata dopo la partita mia, che prima vi tolse, vi desse poi un maschio.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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