Il concilio di Ginevra preseduto da Calvino lo scomunicò per questo suo professare che Gesù Cristo fu mediatore presso l'eterno Padre come uomo, non come Dio; e dappertutto venne avversato per dottrine esorbitanti. A Cracovia, dove fu chiamato per insegnar l'ebraico, seppe dissimularle, ma quando il vescovo Maciejowski insospettito lo fece arrestare, i signori che l'aveano tolto a favorire, ne ottennero la liberazione; ond'egli incoraggiato propose si abbattessero le immagini e tutto l'antico culto; fece da maestro, e diede cinquanta regole di riforma per le nuove Chiese. La sua dottrina fu scomunicata dai sinodi polacchi, e ne restò turbata quella Chiesa finchè lo Stancario morì a Stobnitz.
Il Mainardi, da Chiavenna il 22 settembre 1548 scrivendo al Bullinger a Zurigo varie cose, e sparlandogli dello Stancario, gli manda tre lettere venutegli da Venezia. In una Baldassare Alterio, segretario dell'ambasciatore inglese, gli scrive: «Da un pezzo conosco il cervello dello Stancario, e so di che piede zoppicava. Fu sempre un poveretto, scandaloso e di strane opinioni; ed ha un'instabilità, per cui non sa quel che si peschi; molto più temerario che voi non scriviate: onde fuggitelo per amor di Dio, e levatevelo d'in sugli occhi più presto che potete: altrimenti non requierete mai, nè voi nè la chiesa vostra».
Domenico Manjoni gli diceva: «Di don Francesco Stancario vi dirò schiettamente e in verità quel che so e ne penso. In prima è chiaro e manifesto esser lui leggero, instabile, pieno d'amor proprio, precipitoso in ogni cosa sua; e il peggio è che vuole si sposino le sue opinioni, sebben repugnanti dal vero rito cristiano». Aggiunge che fu prete, che non crede sia ebreo quantunque n'abbia la faccia: che a Venezia sposò una povera che vivea sulla strada: «me lo tenni in casa lungo tempo a mie spese, ma a malincuore per la sua inquietudine».
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