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      A Siena fu capitano del popolo nel 1483, 87, 94, 1507: ambasciadore a Firenze nel 1487 per la controversia di confini tra Montepulciano e Chianciano. Era profondamente erudito nella sua scienza, talchè il Poliziano diceva poterlo chiamare sicuramente il Triboniano dell'età sua. Amico della taverna, vi passava ore con beoni e giocatori. Improvvisava stupendamente, e all'erudizione univa meravigliosa perspicacia e sano giudizio. Piaceva assai quella franca dicitura, quella parola caustica, quel riso sardonico, quella veemenza con cui sobissava l'avversario, non rispettandone nè il grado, nè l'età, nè il triplice alloro. Lorenzo il Magnifico volle una volta udirlo a lottare col famoso Giason del Majno. Un'ora era già durata la gara, quando Giasone, ridotto alle strette, inventa un testo per tirarsi d'impaccio. Bartolomeo si mostra confuso, vinto, grattasi in testa per cercar qualche risposta, alfine esce con un testo che gli dà decisamente ragione. La scolaresca ad applaudire: ma Giasone gli domanda: «Ove hai tu pescato questo testo?» - E Bartolomeo: «Nella pagina stessa donde hai tu preso il tuo».
      Bizzarro, amico delle avventure, risoluto a vincere ad ogni costo, quando gli argomenti o le procedure non bastassero a indur un debitore a confessare il suo debito, suggeriva di cacciargli in corpo due pollici d'una buona lama di Brescia. Poi bravamente slanciava da banda la toga, e sopra un cavallo che maneggiava maestrevolmente quanto la parola, metteasi a capo di alabardieri per abbattere la balìa di Siena, e surrogarvi altra forma di governo.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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