D’altronde la mia è narrazione di fatti recentissimi: io cito date, luoghi, persone: ognuno potrà riscontrar la verità agevolmente.
Mi si potrà piuttosto apporre d’aver taciuto qualche particolare che mi riguarda, d’aver lasciato nell’ombra alcune vicende non indegne forse di esser tratte a miglior luce: ma io risponderò che il danno è tutto mio, avendo più d’una volta con ciò tolto alle mie Memorie il vantaggio del colorito e quel drammatico rilievo che le avrebbe fatte più attrattive. Ma a quel silenzio e a quelle omissioni fui indotta dal rispetto dovuto agli estinti, alle famiglie, ed anche a me stessa.
Enrichetta Caracciolo
Castellamare (Napoli) 1864
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IL’infanzia
Non per menar vanto della chiarezza de’ miei natali, ma per debito di narratore, e per fare maggiormente conoscere in quali modi veniva dal governo borbonico avvilita l’indigena aristocrazia, senza che le classi inferiori ne riportassero alcun vantaggio, dico che una delle prime e più cospicue famiglie di Napoli è la Caracciolo, alla quale mi onoro di appartenere.
Mio padre, secondogenito di Gennaro Caracciolo, principe di Forino, nacque nel 1764. Abbracciò la carriera delle armi (ben tenue e scarso, per la legge allor vigente dei fedecommissi, essendo l’appannaggio de’ secondi nati), e sposò di quarant’anni una giovanetta palermitana, che ne contava appena quattordici. Teresa Cutelli (così chiamavasi la donzella) mi metteva alla luce il giorno 17 gennaio 1821, dopo quattro altre femmine, e mi dava il nome d’Enrichetta, nome d’una monaca zia paterna: una delle innumerabili offerte, che all’ordine di san Benedetto consacrò la mia stirpe.
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