Nacqui in Napoli nel palazzo di mia famiglia, poche settimane prima che l’Italia e la Grecia, questi due emisferi dell’antica civiltà, rialzassero la fronte a desiderii d’indipendenza; e non aveva che tre soli mesi, allorché dalla famiglia fui condotta a Bari, essendo stato mio padre (che giunto era allora al grado di maresciallo) chiamato per sovrana ordinanza al comando di quella provincia.
Rammento, come se fosse oggi stesso, un fatto accadutomi in quella città dopo d’aver compito il mio terzo anno.
Invitata la mia famiglia ad una festa di ballo in maschera, volle condurmivi vestita da contadinella. Di là a poco m’assaliva il sonno; perloché mia madre, avvoltami in uno scialle, commetteva al domestico di ricondurmi alla nostra abitazione, ed ivi consegnarmi alla fantesca. Frattanto la danza, che ferveva, durò lunga pezza senza interruzione. Non appena terminata, mia madre chie-
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se del servo, per dimandargli se, destata dal sonno, avessi pianto per la via. Il domestico non era al suo posto, né alcuno l’avea veduto ritornare.
Conturbati i miei parenti, mandarono immantinente in casa per sapere ciò che fosse stato di me e del famiglio: ma fu detto dalla fantesca non essere stata punto a lei consegnata la bambina: questo aumentò la loro angustia. Vola personalmente mio padre in casa: chiede, richiede palpitante; e la donna ripete sempre di non aver veduto rientrare alcuno. Questo messaggio fa giungere al colmo l’agitazione della famiglia, la quale, seguita da parenti ed amici, lascia all’istante la festa, e si mette a cercar di me.
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