Viene la cameriera tutta ansante, e mi dice in fretta:
«Signorina, che fate? Ritiratevi dalla finestra!»
«Perché?» le domandai sbigottita.
«Voi amate alla follia quel giovanastro, ed egli fra giorni sposerà un’altra».
«T’inganni» le dissi, coperta da mortale pallore... «T’inganni! Chi può averti data a credere tale fanfaluca?»
E, vòlta verso di lui, gli domandai, col gesto, se m’amava.
Rispose con trasporto, e ripetutamente, di sì.
«Lo vedi?» esclamai: «Vedi quanto t’inganni?»
«No, non m’inganno. Siete ancora troppo fanciulla per comprendere dove arrivano la malvagità e la simulazione degli uomini. È tanto certo che in men d’un mese quell’ipocrita sposerà altra donna, quanto è certo che oggi è giorno di domenica. Mia madre ha parlato con lui stesso. Gli ha detto: ‘Io credeva, signor Carlo, che la sposa esser dovesse la giovine Caracciolo!’ ed egli ha risposto: ‘La Caracciolo è buona per ogni conto, ma ha poca dote’».
A questi detti proruppi in singhiozzi, né potei frenar le lacrime; mi accostai alle umide ciglia il fazzoletto, e gli rivolsi uno sguardo interrogativo, pieno di costernazione e di tristezza. Egli con altro segno mi domandò quello che mi conturbasse; ma la coscienza, che lo mordeva, gliene rivelò tosto il motivo.
«Ritiratevi, signorina!» riprese a dire la cameriera: «Non vi degnate più di guardare in faccia quel perfido!».
Senza rispondere, chiusi la malaugurata finestra e mi ritirai. Sentiva spezzarmisi il cuore: la cameriera mi prodigò de’ soccorsi. Die-
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di alfine in un pianto dirotto, e versai, in preda alla disperazione, un torrente d’amare lagrime.
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Carlo Caracciolo La Caracciolo
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