Possa trovar egli in Napoli donna più fedele di me!».
Da quel momento, coerente alla risoluzione presa, e forte della mia lealtà, feci le viste di volermi totalmente staccare da lui; ma egli, sinceramente ravvedutosi, avea digià riprese le consuete passeggiate sotto le mie finestre.
Era un giorno di domenica, ed il giorno fissato alla sua partenza era il seguente martedì.
Come ho già detto, trovavasi nella nostra casa un coretto che dava nell’interno della chiesa di Sant’Agostino. Ivi recatami per ascoltare la messa, vidi Domenico di rimpetto a me.
L’amore, che spento non era nel mio cuore, malgrado gli sforzi che faceva per soffocarvelo, mi fece volgere lo sguardo verso di lui. Finita la messa, volea ritirarmene: al patetico segno ch’egli mi fece di volermi arrestare per poco, ebbi la debolezza di condiscendere.
Come tutta la gente fu uscita di chiesa, egli, avvicinatosi al cancello, e giunte le mani in atto supplichevole, mi disse: «Perdonami! Confesso il delirio mio!».
Lo guardai: l’espressione del suo volto era tale da disarmare il più forte risentimento. Colle lagrime agli occhi risposi:
«Crudele! posdomani parti, m’abbandoni, e chiedi perdono!?»
«Per questo sacro luogo in cui ci ritroviamo» soggiunse, «giuro me fra un mese sarò restituito a te, malgrado gli ordini del padre, il quale mi vorrebbe allontanato per un anno intero!»
«Accetto il tuo impegno: a questo patto dimentico gli oltraggi». Un leggero tossire ci avvertì essere entrato qualcuno in chiesa.
«Addio!» disse Domenico.
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