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      Né, per lavare la macchia, ben sovente immaginaria, conoscevasi altro mezzo che il sangue. A tenore di quel barbaro codice, la donna, se accasata, era pugnalata o strangolata nel proprio letto; se nubile era condannata alla perpetua morte civile della reclusione monastica, oppure tolta di vita col veleno. Né l’intera penisola poteva offrire qualche scampo a colui, sul capo del quale caduti fossero i sospetti dell’inquisizione domestica. La mano del sicario, armata di stile traditore, l’avrebbe seguito in Roma, in Firenze, in Milano, perfino sul più libero suolo di Venezia: l’avrebbe ritrovato nel fondo del più remoto convento, l’avrebbe trafitto a’ piedi dell’altare medesimo; ed era tanto imperiosa questa sete di arbitraria reintegrazione, la era siffattamente incarnata ne’ pregiudizi del secolo, che più d’un cardinale pose il pugnale nella mano dell’assassino, più d’un pontefice diè libero sfogo alle vendette de’ suoi nipoti.
      In prova di simili orrori, potrei estrarre dalle cronache inedite del passato innumerevoli esempi, non indegni di figurare un dì fra le pagine di colui che sarà per vergare i Misteri dell’italia fatta serva. Mi limiterò ad un solo caso, come quello che si riferisce particolarmente alla memoria della ben nota Fulvia Caracciolo, autrice della cronaca summenzionata, e agli annali lugubri di San Grego-
     
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      rio Armeno. Lo riproduco testualmente, quale trovasi nella cronaca inedita, che porta per titolo: Historie particolari di alcuni successi tragici, avvenuti in Napoli ed altrove a’ Napoletani.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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