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      » mi disse.
      «Parla» risposi.
      «Attendo domani il mio confessore; quel canonico ha la dottrina di san Tommaso d’Aquino e le virtù di san Francesco Caracciolo tuo progenitore. Una conferenza con lui ti strapperebbe certo dall’ostinazione che t’abbrutisce».
      «Ma, santo Dio! che cosa dovrò dirgli?»
      «Gli esporrai le ragioni per cui abborrisci lo stato monastico, e udrai le sue risposte».
      Conoscendo ch’io non aveva intenzione di arrendermi, «Sai tu» soggiunse, «che Iddio, avendoti allontanata dal mondo per farti entrare in questo santo rifugio, ti ha data una prova di bontà, affinché molte altre donzelle tue pari ne possano profittare? Egli un giorno ti chiederà conto del disprezzo mostrato all’immenso suo benefizio. D’altronde, non è egli meglio purgare la coscienza degli scrupoli, consigliandoti coi servi di Dio? Almeno, compito quest’ultimo dovere, la Provvidenza non ti biasimerà d’incuria, se persisterai nel tuo proponimento».
      Cotesti ragionamenti reiterati tutte le sere con crescente incalzare di loquacità, l’atmosfera oppressiva del chiostro, la mia giovanile età, l’ignoranza della pretesca e della monacale impostura, infine l’educazione, che mi rendeva pieghevole ai superiori e cortese con tutti, mi fecero condiscendere alle sue premure.
      La mattina seguente Maddalena mi conduceva gongolante di gioia dal suo dotto reverendo. L’esultanza e la sollecitudine di quella monaca mi parvero un indizio rassicurante. «Se nelle sue relazioni col prete« mi dissi, «vi fosse per avventura alcun che d’equivoco, m’avrebbe ella fatta di sì buon grado compartecipe della sua felicità?»


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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