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      «Non sei curiosa di vedere l’effetto d’un’efficace confessione?» mi domandò essa, qualche momento prima d’introdurmi nel gabinetto.
      «Curiosa in superlativo grado!» risposi sorridendo.
      Ed infatti la situazione mia somigliava a quella d’una sepolta viva che, ridesta dal letargo, va brancolando intorno alle tenebrose catacombe, ove si vede chiusa, in cerca d’un’eventuale uscita.
      Il canonico era un uomo di 40 anni, e aveva un aspetto pieno d’espressiva mobilità.
      Se non era un gesuita, nessuno più di lui sarebbe stato degno di
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      divenirlo. Dopo molti complimenti e riverenze, mi domandò flebilmente il nome, l’età, la condizione, e simili altri particolari.
      Poi, piegando l’una gamba sull’altra e stropicciandosi le mani disse:
      «Suppongo, signorina, che abbiate deliberato di farvi monaca».
      «No, reverendo».
      «E perché?»
      «Perché la clausura m’opprimerebbe soverchiamente». «Coll’andar del tempo vi abituerete a questa dolce prigionia per modo da non potervene più separare. Non siete dunque entrata di vostro piacere nel convento?»
      «No; forzata da mia madre».
      «Ah, forzata dalla mamma! (breve pausa, durante la quale il prete sembrò immerso in profonda meditazione). Ditemi un po’, signorina, avete mai fatto all’amore? »
      «Due volte».
      «Qual era il vostro fine nell’amoreggiare?»
      «Sposare l’oggetto amato».
      «Questo, e null’altro? Vogliate aprirmi senza riserva il vostro cuore».
      «Non ho avuto per mira che il solo matrimonio».
      «Avete inviate o ricevute lettere da’ vostri amanti? »
      «Mai» (mi ricordai del biglietto di Domenico).


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





Domenico