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      Havvi delle Eloise che più ore spendono nel confessionale in soave trattenimento col loro Abelardo in sottana. Peccato che non capiscano un iota di latino!
      Altre, avendolo vecchio, hanno di soprassello un direttore spirituale con cui si trattengono lungo tempo da solo a sola nel parlatorio. Quando questo non basta, trovano il mezzo d’una malattia simulata, per averselo più ore da solo nella propria stanza.
      V’ha delle monache che, senza l’intervento del confessore, non ardiscono fare neppure la lista del bucato. Una di queste penitenti
     
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      vedeva il suo tre volte al giorno; la mattina le portava le pietanze pel pranzo, più tardi, venendo egli a dir messa in chiesa, la penitente lo serviva di biscottini e di caffè, e il dopo pranzo poi ritrattenevasi con lui fino ad ora tarda, per fare (diceva essa) il conto di quanto aveva speso la mattina. Non contenti, del resto, di tante conferenze, si scriveano due volte negl’intervalli delle visite.
      Un’altra monaca aveva amato un prete fin dal tempo che questi serviva in chiesa da chierico. Pervenuto al sacerdozio, fu fatto sacrestano; ma da’ suoi compagni denunziata la tresca che da diversi anni manteneva colla monaca, gli fu dai superiori proibito finanche di passare per la via dove il monastero era posto. La monaca ebbe la romanzesca virtù di restargli fedele per sedici anni, nel corso dei quali si scrissero ogni giorno, si scambiarono regali, e di tratto in tratto si videro di soppiatto al parlatorio. Cambiato finalmente il personale dei superiori, ottenne la monaca, benché ormai giunta all’età matura, di averselo per confessore.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





Eloise Abelardo