Dicevasi in uno di quei fogli:
«Ci facciamo solleciti di partecipare un fatto, che a’ devoti d’ogni classe recherà piacere. Una delle figlie del defunto e compianto maresciallo Caracciolo, la signorina Enrichetta de’ principi di Forino, giovine di rara pietà, si è determinata di ripudiare le vanità del mondo, per prendere il velo del monastero di San Gregorio».
Portava l’altro diario, organo ben noto della pretesca consorteria:
«Il campanello di san Benedetto ha tornato a risuonare poc’anzi, e questa volta per conquistare all’angelica regola benedettina un’altra Caracciolo, in età tenera, e discendente in linea diretta da san Francesco dello stesso cognome. Questa giovinetta, che somma reluttanza avea mostrato nell’abbracciare lo stato monastico, ora, per essere stata evocata durante il sonno dal suddetto miracoloso campanello, ha formalmente espressa la sua intenzione di farsi monaca... Empi e miscredenti, favete linguis animisque! »
Intanto mia madre non mi scriveva. Le indirizzai una lettera; un’altra ne scrisse mia zia per annunziarle la mia risoluzione di farmi monaca. Rispose non volerlo affatto permettere, e per molti mesi oppose la più ostinata resistenza. Era suo intendimento, diceva, di maritarmi a persona di suo aggradimento, né mi avrebbe ritenuta nel chiostro, se non infino a che tale opportunità si presentasse. Se
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non che, soggiunse mia zia, non poteva essa opporsi ai decreti della Divinità.
Questi decreti per altro non potevano effettuarsi immediatamente. Al mese d’agosto del 1840 non aveva ancora raggiunta l’età disciplinare per vestirmi monaca; compiva vent’anni nel 1841. Si dovette perciò attendere sino al mese d’ottobre di quest’ultimo anno, ossia un intervallo di venti mesi dopo il mio primo ingresso nel chiostro.
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