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      «Ma, signore, venite presto a San Gregorio Armeno! Il pontificale è finito: non si attende che la monaca».
      Una pugnalata al cuore non ha effetto diverso di quello che provai da tale chiamata. Un tremito generale s’impossessò delle mie membra, e divenni livida al par di cadavere.
      La prima ad alzarsi fu la duchessa Corigliano. Compressi la mano sul cuore, mi levai a stento, e baciai quella vecchia zia, che mi disse lagrimando:
      «È questo l’ultimo nostro bacio... Addio, figlia mia! ci rivedremo in cielo».
      La principessa, venutami più d’appresso, mi guardò in volto.
      «Fermatevi, duchessa, » disse alla Corigliano: «non vedete che la monachella si sviene?»
      Infatti, appuntellata alla spalliera della seggiola, io vacillava, pronta a cadere.
      Mi posero a sedere, e chiesero un bicchier d’acqua, dal che refrigerata un poco, ripresi lena, e mi rialzai.
      «Scommetto, che non siete contenta di farvi monaca» mi disse per via la principessa.
      «Al contrario» risposi, inghiottendo un sospiro traditore; «ne sono contentissima».
      Avanzava frattanto la carrozza, ed avanzando entrava nel quartiere di San Lorenzo. Approssimatici alla città dolente, misi il capo
     
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      allo sportello, cercando con lacerante curiosità le persiane delle finestre, le cancellate di legno, le inferriate, e gli altri ripari del monastero. Alla vista del sepolcro che stava lì per ingoiarmi, non so come, spinta da un istintivo impulso, non mi sia rovesciata dalla carrozza in mezzo alla strada. Mi risostenne l’intima autorità dell’amor proprio.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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