.. Siano maladette le apologie che alcuni ciechi o perversi interpreti della scrittura fecero del celibato o della vita inerte e contemplativa! Maladette le false impressioni, che un’eloquenza fanatica può scolpire ancora nel cuore della gioventù, dopo d’avere per sì lungo tempo deturpata la ragione umana!».
Generoso disdegno! Quanto di positivo sto per registrare qui appresso in proposito, non ne sarà che l’umile, ma verace commentario.
Ha la patria di Enrico VIII e di Shakespeare un vocabolo espressivo, che manca alle altre lingue. Priestcraft suona “frode pretesca”, e prova che il clero è dappertutto infetto dallo stesso vizio.
La lingua nostra ha un’altra particolarità: applica la stessa denominazione al negoziante e al monaco; hanno entrambi una professione.
Far voto di povertà, che cosa significa a’ nostri giorni? Uno de’ due: o per oggetto di lucro trafficare sotto la cocolla, od al coperto dell’invidia e delle pubbliche imposte godere in pace imperturbabile le sostanze proprie e quelle d’altrui.
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E le monache come osservano questo voto solenne?
Vestono esteriormente una tonaca di ruvida lana, ma però di sotto fanno uso della biancheria di tela finissima, e po v i fazzoletti, di quella di Olanda ed anche di batista; nei giorni festivi portano sospese al fianco delle corone incastonate in argento, e sovente dorate. E ben vero, del resto, che l’abito non fa il monaco.
Il voto d’umiltà vieta loro il letto a spalliere di ferro, ma quello di povertà concede tre materasse di morbida lana, origliere imbottito di piume e parato di merletto antico.
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