«Che bel gusto di predicare a delle Saracene!».
Nella distribuzione poi dei dolci i parenti hanno sempre la peggior parte. E sapete perché? per consiglio dei preti. I preti e i confessori, più che ad altro evangelico precetto, fedeli a quello che dice:
«Chi ama suo padre o sua madre più di me, non è degno di me. Se qualcuno viene a me, e non odia suo padre e sua madre e sua moglie e i suoi figli e i suoi fratelli e le sue sorelle e la sua vita, non può esser mio discepolo»; fedeli, dico, a questo precetto, snaturarono gli affetti domestici di quelle donne, persuadendole che padre e madre e fratello e sorella e vita delle penitenti sono essi loro esclusivamente. Per tal modo isolate, esse divengono più accessibili all’impero dei loro padri spirituali, i quali frattanto insaccano la più scelta e più lauta dispensa delle pasticcerie.
Sul proposito del disamoramento alla famiglia, mi tornano in mente delle anomalie, di cui piacemi addurne qualcuna.
Due monache sorelle trovavansi un giorno a far l’orazione mentale nel coro, misurando, come a’ tempi del Decamerone, l’ora della preghiera colla clessidra. Avevano esse un fratello solo, impiegato nella diplomazia. Fu suonato il loro tòcco alla porta, e la conversa corse a vedere di che trattavasi. Giungeva loro un messaggio
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funesto: compromesso col governo nella sua gestione, quel fratello erasi bruciate le cervella con una pistola, e morì all’istante.
«Chi è? Che c’è?» domandarono alla conversa, ritornata con volto pallido.
«Il servitore del signor principe.
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Saracene Decamerone
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