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      Una di esse, nata in Napoli e non mai allontanatasi dai contorni di questa città, affermava ad un crocchio di giovani monache che, sebbene entrata nel monastero all’età di 32 anni, non aveva giammai visitato il Museo Borbonico (oggi Nazionale), né posto il piede nel teatro di San Carlo, né veduto l’interno della villa reale. Erale ignoto di fatto perfino l’appariscente e centrale tempio di San Francesco di Paola.
      A parere di questa medesima, quanto spacciano gli archeologi intorno alla catastrofe di Pompei non era che pura fanfaluca. Pompei fu città abitata altra volta da una genìa di eretici, che nel mezzo del foro fecero sfracellare a forza di martello la statua miracolosa di san Gennaro. Fremente la sovrastante montagna all’aspetto di tanta baldanza, eruttò immantinente quel diluvio d’ardenti ceneri che seppellì per sempre l’eretica città.
      Presso un’altra badessa io era stata denunziata di legger libri mondani, ossia estranei alle materie ecclesiastiche. Spiata a mia insaputa, fui dalla superiora stessa còlta in flagrante col libro in mano.
     
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      «Che state leggendo di buono, figlia mia? Lasciatemi vedere!» diss’ella.
      Non essendo più a tempo di celarmi, mi convenne porgerle il libro, non senza viva inquietudine rispetto alla giustificazione che bisognava addurne. La badessa si mise gli occhiali, e lettone il frontispizio, mi restituì chiuso il volume, dicendo:
      «Memorie di sant’Elena; ah! la vita della madre di san Costantino! Quanto è calunniata sempre questa povera figliuola!».
      Era il Memoriale di SantElena!


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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