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      ».
      Le cose camminarono così, finché l’episodio non fu giunto a spontaneo scioglimento.
      Un giorno, mentre io cantava in coro, il chierico innamorato svenne in chiesa per la commozione. La chiesa era affollata: nacque un bisbiglio da non dirsi, I preti nella sagrestia si turbarono, i chierici se la godevano, le monache, calata la maschera, scaricavano sulla loro vittima le faretre, sciamando ad una voce: «Quanto è ridicolo! quanto è stupido!».
      Poi soggiungevano: «La santa messa è mutata in commedia... queste scene fanno vergogna al convento».
      Di lì a non molto trovai il chierico che si struggeva in pianto.
      «Siamo congedati tutti quattro noi chierici» mi disse con voce interrotta dal singhiozzo.
      «È mai possibile?»
      «Purtroppo. Dio mio, che sarà di me!»
      «Tutti quattro congedati! Hai dunque trascinato anche i colleghi nella tua rovina? »
      «No: la rovina sarà soltanto mia. Gli altri tre se ne vanno per pura apparenza: fra poco ritorneranno, io solo non ci ritornerò più».
     
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      «Fanno bene a congedarti con tal garbatezza» conchiusi io. «Me ne duole cordialmente, ma la tua situazione in questo luogo era divenuta insopportabile».
     
      Gli abitanti delle contrade vulcaniche sono pieni di fuoco al pari de’ loro vini; ed io son napoletana. Accesa disdegno, mi portai subito dalla badessa; le espressi la mia compiacenza pel congedo de’ chierici, ma non lasciai di redarguirla dell’ostinata renitenza nell’occasione precedente della mia rinunzia.
      «Se aveste accettata la mia dimissione, quando con tanta insistenza ve la chiedeva» le dissi con vivacità, «non vi sareste trovata oggidì nella crudele necessità di mettere ad effetto un provvedimento, che tornerà a scapito non meno del vostro monastero, che di quei poveri giovani.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337