Per dargli un’infarinatura degli obblighi e delle cure vescovili, di che era totalmente digiuno, lo avevano tenuto in tutto quel semestre nella piccola Sede d’Aversa. Il pontefice Gregorio se ne morì, poco dopo aver fatto questo regalo alla capitale di Ferdinando TI, che cordialmente ne lo ringraziò, e Mastai gli succedette alla Santa Sede.
Nei primordi del suo pontificato sanno tutti che dava Pio IX somme speranze di sé. Egli era non pure liberale di fatto, ma, ad esempio di Aristide il giusto, voleva altresì farsi conoscere per tale. Già da terribili larve funestati erano i sogni, fino a quel punto placidi, de’ Pigmalioni d’Italia; già questi popoli afflitti riaprivano il cuore a legittime aspirazioni; già si parlava d’un concilio, destinato a decretare lo scioglimento dei voti monastici, tre secoli innanzi definiti dal Tridentino.
In questo frattempo fu spedita a Roma la mia domanda di poter lasciare il cenobio.
Il cardinale Riario, bramoso negli esordi del suo governo di apparire zelante prelato, era venuto più volte a visitare il nostro monastero. Dopo di essersi trattenuto lunga fiata coll’abbadessa e con un’altra monaca, esimia simulatrice, che si poteva pur chiamare la vera superiora, poiché nulla poteva farsi senza il suo consenso, era stato ogni volta salutato dall’intera comunità, a bella posta
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convocata per fargli onorevole accoglienza. Io entrai insieme alle altre, ma presi sempre l’ultimo posto, lasciando le prime file a quelle che avevano più piacere di farsi vedere o di indirizzargli qualche mezzo complimento.
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