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      «Non posso» ripeté più volte il cardinale, rinforzando ad ogni passo il tuono. «Per ora» soggiunse, «sto per ripartire alla volta di Roma; appena tornato, vi rivedrò».
      «Ed io, da parte mia, non cesserò giammai d’aspirare al mio riscatto. Buon viaggio!».
      E quand’ebbe voltate le spalle, gli dissi: «Vattene alla malora!».
      Ciò nondimeno l’abbattimento mio andava crescendo di giorno in giorno, ed il cervello cominciava realmente a risentirsene. Io confrontava le mie sofferenze morali con quelle delle due converse impazzite, e temetti di trovarmi anch’io vicina a diventar pazza.
      Le speranze, riposte da me nell’animo liberale di Pio IX, andavano frattanto dileguandosi. Erasi prima parlato di scioglimento di voti; si disse poi d’una quinquennale rinnovazione degli stessi; in ultimo si spacciò che tale rinnovazione sarebbe stata ristretta soltanto a quanti avevano fatta la professione dopo il Breve; finalmente si cessò di parlare su tale argomento. Nell’animo di Pio IX l’emancipazione monastica e la patria carità subirono la medesima sorte:
     
      [176]
     
      E quando Roma non voltò mantello?
     
      Mio primo intendimento, come ho già detto, era quello di uscire per soli sei mesi, riservandomi di rinnovare il permesso al termine di questo periodo, e di passare da quello in altro chiostro, nel caso che mi fosse negato il prolungamento. La capricciosa repulsa, l’avermi ricusato quello che tutti i giorni si concedeva a tante che ammorbavano Napoli; massimamente in tempo d’estate; queste cose mi punsero al vivo. Era evidentemente un tratto di personalità, cui piuttosto che soccombere avrei rinunziato all’esistenza stessa.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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