Il Breve mi permetteva d’uscire ogni mattina; ma il cardinale, che scherzevolmente era stato soprannominato il mio Hudson Lowe, mi proibì di passeggiare a piedi. Veniva dunque mia madre a prendermi in carrozza, mi riteneva a pranzo, e al tramonto del sole mi riconduceva.
Ho detto che tutto mi parve nuovo. Perché non aggiungerei che tutto mi parve più umano? L’aria di San Gregorio spirava il tanfo delle stanze mortuarie: atmosfera carica di miasmi mefitici, che, da ogni parte aspirata, infiltrava nell’organismo più o meno acrimonia, asprezza e cattiveria. Ritornata nell’aria libera, sana, ventilata, nell’affettuoso consorzio de’ parenti, nella soave comunione dei sensi, delle speranze, delle commozioni patrie; restituita, in una parola, all’amplesso dell’umanità, ne provai subitamente i benefici influssi. Poco a poco la mia ragione si sgombrò dalla negra caligine che l’offuscava; il cuore, rincantucciato negli ultimi ripostigli, inciprignito in isterili lotte, inselvatichito nell’isolamento, tornò bel bello ad inebbriarsi nei concerti di quell’armonia sovrumana, che chiamasi amor del prossimo. Debbo manifestarlo? Allora soltanto cominciai a travedere in che veramente consistesse la religione cristiana. La fede, che sino a quel punto aveva con impero dispotico agito sulla mia volontà, quella fede che io aveva veduta deturpata in pratiche di pietà imbecille, vituperata, nell’odio per tutto quello che non portasse in sé l’impronta ieratica, quella fede, dico, la sentii allora quasi rifluire in me per gagliardi zampilli nel libero esercizio delle facoltà dell’anima, nell’operosità del pensiero e del sentimento, nella partecipazione alle miserie altrui.
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