Eccomi dunque ricaduta nella primiera reclusione:
Nuovi tormenti, e nuovi tormentati.
In risposta ad una mia rimostranza, venne il cardinale a trovarmi, e disse non essere regolare che una monaca traversasse il Corso in carrozza, né d’altronde convenevole che le oblate del conservatorio restassero scandalizzate dalle mie uscite.
«Quale» soggiunse, «sarebbe la sorte della santissima nostra religione, ed in particolare degli ordini monastici, se le monache tutte sentissero, come voi, il bisogno della passeggiata all’aria aperta?».
Irritata da siffatto incrudelimento, e prendendomi ormai vergogna di soggiacere ad un prete orgoglioso, arbitro della mia libertà, mi confermai nel proposito di fare tutto il possibile onde levarmi dal collo l’ignobile giogo. A tale uopo mi venne in mente di ottenere, per mezzo di eminenti amici, un diploma di canonichessa. Ottenuto che avessi per avventura questo vantaggio preliminare, Dio e le circostanze mi avrebbero aiutata al completo riacquisto dell’affrancamento.
L’Ordine cavalleresco e religioso delle Canonichesse di Baviera, conforme a quello de’ commendatori di Malta, vieta alle donne che vi appartengono il matrimonio, ma permette che vivano libere in seno alle proprie famiglie. Per favore del principe Dendier, molto
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potente presso la corte di Monaco, ne ottenni in breve tempo la nomina e le insegne; nella speranza poi di vedermi liberata per tal modo da qualunque fastidio, il generale Salluzzi, mio magnanimo benefattore, ne pagò i diritti in ducati 240.
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