Così pur essa languì per lungo tempo carcerata nel chiostro, che principi spi-
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rituali e temporali le fabbricarono; così pianse, implorò, protestò. Conformi sono le tue vicende alle peripezie di lei: comune l’espiazione, comuni i voti al rinnovamento, comuni perfino gli sforzi recenti a ricuperar l’esercizio della propria volontà... Ed ora tu retrocedi...! E in qual momento? Alla vigilia della redenzione; mentre allo splendore della giovine Italia si dileguano le ombre della tirannide”.
Spuntato il giorno, partii con mia madre alla volta di Capua.
Il cardinale Cassano mi accolse con rara gentilezza; era uomo di facile accesso, scevro di pregiudizi e superiore alle basse vendette. Ei mi promise la sua protezione, e nell’udire il racconto delle mie vicende, affermò di voler operare quanto poteva, per togliermi da quell’infelice stato.
Il pomeriggio dello stesso dì venne a trovarmi il suo vicario, mandato da lui per mettersi d’accordo con me. Conobbi in quell’uomo un sacerdote rispettabile. Non contento di ricevere la mia confessione, che deposi ai suoi piedi bagnata di lacrime, ei volle inoltre che mi recassi l’indomani all’arcivescovado, per narrargli tutta intera la mia vita.
Assicurato che io non operava per fini men che nobili e puri, mi chiese i Brevi pontificii ricevuti fino a quel giorno. Questi Brevi erano stati, nella fretta della partenza, dimenticati; perloché convenne che mia madre ritornasse subito in Napoli; e siccome l’affare richiedeva tempo, il buon vicario consigliò che intanto io fossi entrata in un ritiro della città, libera di uscirne in tutte le ore del giorno, purché vi pernottassi.
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