«Ma perché» le domandai io, «attribuite ostinatamente alla fat-
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tucchierìa quello che potrebb’essere l’effetto di una combinazione, o, seppur volete , di qualche veleno messo quelle paste?»
«No, no!» rispose: io ho il demonio in corpo; non posso entrare in chiesa, né accostarmi ai Sacramenti»
«Vieni con me: ti condurrò nel coro io stessa; il tuo diavolo avrà paura di me!»
«No, no, per carità.., non posso; morirei subito».
L’afferrai per la mano, e quasi trascinandola, le feci scendere le scale: essa piangeva, tremava, imprecava, tentava continuamente di svincolarsi. Dopo lunga resistenza, raddoppiata presso alla porta, al fine vi entrò. La forzai ad inginocchiarsi a piè dell’altare; ella mandò un urlo spaventevole, e fuggì come un lampo.
Povera Napoli, ad estirpare la superstizione feroce che t’insozza non basterà la libertà di mezzo secolo!
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XXIL’arresto
Tristi succedevansi i giorni della mia dimora nell’Annunziata: le notti più tristi ancora, preoccupate com’erano dell’incerto avvenire.
Riunite le carte necessarie, Cassano scrisse una lunga lettera, da mandare insieme con quelle alla Congregazione de’ vescovi e regolari in Roma. Sosteneva l’egregio prelato in quella lettera la mia domanda per la secolarizzazione, annoverava i torti e le imprudenze di Riario, e concludeva, che non avendo io sortito dalla natura disposizione e vocazione di monaca, assegnava a miracolo, che, spinta all’estremo della disperazione, non avessi infranto le regole principali dello stato monastico; laonde, veduta l’impossibilità di persuadermi a passare nel chiostro il resto della vita, ei credeva cosa debita e giusta che io deponessi l’abito benedettino, vestissi puramente di nero, ed abitassi celibe nella casa materna col titolo di canonichessa.
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