Raccontatigli estesamente i miei mali, gli chiesi consigli ed aiuto. Spaccapietra restò commosso: si fregò la fronte a modo di persona che accuratamente pondera un’opinione prima di emetterla, poi, voltosi a mia madre:
«Credo» disse, «che l’argomento dell’arresto sia stato un equivoco preso dal generale Torchiarola. Si è dato, sì, il caso di adottare tale misura di rigore, ma solo quando la religiosa avea dato motivo a scandalo pubblico, e massimamente se ne portava il frutto nel seno. Vogliate compiacervi d’indicarmi la vostra abitazione; ne parlerò oggi stesso con Sua Eminenza, e fra giorni vi farò noto l’esito del mio abboccamento».
Rassicurata dalle parole dell’eccellente missionario, me ne ritornai a casa alquanto confortata dalla speranza che la provvidenza non m’avesse abbandonata del tutto.
Passati pochi giorni, veniva Spaccapietra a riferirmi d’aver tenuto col cardinale un lungo discorso sul proposito di me.
Riario aveva formalmente negato d’essersi recato dal re, ed aver ottenuto l’ordine del mio arresto. Ei mentiva, sì, mentiva assolutamente!
Spaccapietra aveva osservato non potermisi usurpare i frutti della dote: Riario condiscendeva a farmi avere le cinque mesate arretrate, e prometteva di lasciarmi in pace d’allora in poi.
Trascorsero alquanti mesi di tregua. Mia madre, paga di vedermi liberata dall’accanimento dei preti, evitò nel carnevale di dare in casa festini e trattenimenti, com’era usa di fare ogni anno. Di questo provvedimento altamente mi compiacqui, risoluta com’era a schivare nuove molestie, e condurre vita ritirata, divisa fra le cure domestiche e lo studio.
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