Il Signore non ributta, ma esaudisce il cuore contrito ed umiliato!
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XXIIIl ritiro di Mondragone
Da circa un anno e mezzo non più avvezza all’azione venefica e struggitrice dell’isolamento; ravvivata nel battesimo del consorzio civile, incomparabilmente più crudeli provai gli effetti del silenzio che di nuovo mi circondò.
Non una sola voce all’intorno, non una traccia di pensiero vivente, non più quel grato risonare dell’umana operosità: null’altro nel novello deserto, che il monotono ronzar delle mosche, in contrasto coll’uragano, che imperversava dentro di me.
Un supremo pensiero di primo tratto mi preoccupò:
Quale autorità ha decretato il mio arresto; l’ecclesiastica, o la civile?
Era io una volta ancora la vittima dell’animosità di Riario e della sua camorra, o piuttosto qualche imputazione d’altra natura, provenuta da spionaggio, mi gettava negli artigli del potere politico?
Probabile il primo, possibile il secondo, più probabile ancora la concorrenza d’ambedue.
In qualunque di queste ipotesi, il mio stato era doloroso, orribile al più alto grado.
Io era donna! Troppo propenso il mondo al sospetto e alla maldicenza, come avrebbe giudicato il mio repentino confinamento in un ritiro, la cui reputazione equivoca poteva somministrare facile appiglio alla calunnia?
Riposta fuori d’ogni contatto colla società, di quale mezzo efficace mi sarei valsa per confutare le false voci, che i preti non avrebbero mancato di spargere, a detrimento della mia riputazione, e a loro propria discolpa?
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Mondragone Riario
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