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soggiunse rivolto al messo del cardinale, «l’inferma è affetta da una febbre nervosabiliosa, febbre complicata con qualche sintomo di congestione cerebrale. Se ella sarà docile alle mie prescrizioni, e soprattutto se vorrà rinunziare al pensiero d’attentare a’ propri giorni per mezzo dell’inedia, spero che potremo superare l’infermità>.
A questi detti il prete varcò la soglia, ed entrato nella camera, che a rapidi passi prese a misurare.
«Come!» esclamava, «come! vorrebbe ella dunque cessar di vivere! Signora priora» soggiunse in un tuono rauco ed imperioso, che richiamava la memoria di Torquemada «levate subito da questa stanza ogni oggetto pericoloso!».
Il regio revisore aveva adocchiato i miei bauli, e mirava ai libri, ch’erano, a suo credere, ben più pericolosi dell’arsenico, e mettevano in pericolo cosa più preziosa della mia vita.
Per evitare un violento conflitto, volli passare in altra stanza, mentre la priora e il prete assistiti da altre persone si preparavano alla visita dei bagagli. Si cominciò dalla camera, che fu esplorata per ogni buco e bucolino; impadronitisi poi delle chiavi, nella speranza di sorprendere qualche documento relativo a segrete società, m’aprirono le casse, esaminarono i sacchi, visitarono le cassette, spinsero l’esame per fino ne’ penetrali della biancheria. I soli oggetti che attirarono l’attenzione loro furono alcuni volumi di stampa forestiera, fra’ quali, mi rammento, il libro sopra Dante di Ozanam, l’altro sull’educazione di Tommasco, gl’Inni Sacri del Manzoni, ed un carme alla Libertà di Dionisio Salomos, eminente poeta della Grecia moderna.
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