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      Questi e non altri esemplari vorrei che con mano diurna e notturna svolgessero le nostre giovinette! Che non oserebbe, a che non riuscirebbe anche la donna de’ nostri giorni se quella fede pigliando per modello, deponesse, quasi offerta di primizie, il fiore degli affetti sull’altare della patria? Invece di scrivere romanzi, che con effimere commozioni mi snervano il cuore, che con effeminati affetti mi sbaldanziscono l’animo, m’isteriliscono le aspirazioni, provatevi piuttosto a ritemprarmi, se potete, il cuore a fecondi concetti, a sentimenti virili! Ecco come mi rialzerete dall’inerzia in cui giaccio, ecco come mi preparerete a secondarvi nella grande opera dell’incivilimento!
      Nelle ore d’ozio (e quante non ne dovetti passare in più di tre anni d’assoluto sequestramento!) materia di grata distrazione mi somministrarono gl’insetti, soli viventi compagni del mio deserto. Quante ore non passai assorta all’isocrono rosicchiare del tarlo nel fracido tavolato delle porte e del soffitto! Quante volte non tesi lungamente l’orecchio a’ gorgheggi d’un canarino, la cui prigione, per quanto facessi, non m’era dato di discernere, ma la pazienza e la giubilante superiorità del quale io invidiava dal fondo del cuore! In tempo d’estate e d’autunno una porzione del mio scarso pane era religiosamente riservata alle formiche. Adescate dalla mia ospitalità,
     
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      esse affluivano in differenti repubbliche e sotto capi differenti nella mia stanza, ne prendevano imperturbato possesso, si aprivano ingressi ed uscite a piacimento, montavano in lunga schiera su per le pareti, o in diverse tribù affollandosi a me d’intorno, facevano a gara l’una coll’altra per la briciola che porgeva loro.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337