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      Altra volta mi divertiva, a guisa di Silvio Pellico, a contemplare la lotta della mosca caduta nelle grinfie del ragno, e a quella vista ricordava la massima di Anacarsi: «che la giustizia del principe è tela di ragno: i piccoli insetti vi restano avviluppati e catturati, i grossi la squarciano e se ne vanno». In tempo d’inverno poi, quello che più d’ogni altro m’aiutò a passare le lunghe ed insonni nottate fu l’esercizio mnemotecnico. A forza di moltiplicare a mente de’ numeri determinati, corroborai talmente la memoria, che pervenni a trovare il prodotto di due fattori di cinque cifre ciascuno.
      Ma riprendiamo il filo del racconto.
      Era già molto tempo che procedeva regolarmente il carteggio clandestino, quando m’accadde di trovare nel nodo della pezzuola un dispaccio del seguente tenore:
      «Cerca d’ottenere un abboccamento dal nunzio apostolico: è persona dabbene. Lo potrai fare per lettera, che manderai a me.»
      L’abboccamento fu domandato, e prestamente ottenuto. Il nunzio venne a Mondragone non sì tosto ebbe ricevuta la mia lettera.
      All’annunzio della visita d’un funzionario tanto eminente della Santa Sede tutto il ritiro andò in trambusto. La priora, propensa ad arrogarsi l’onore della visita, corse precipitosa al parlatorio. Ma quale fu il suo stupore sentendo che il ministro del Sommo Pontefice domandava della sua prigioniera! Nell’incertezza se dovesse farmi scendere al parlatorio, o piuttosto rispettare la proibizione, la povera donna rimase di sasso, né seppe che rispondere al funzionario.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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