Lo ricevei seduta, ridendo, guardandolo a traverso, e dondolando una gamba sull’altra:
«Chi vi ha dato l’ardire di scendere al parlatorio, nonostante gli ordini dell’arcivescovo?»
«Ardire fa rima con dormire» risposi.
«Sapete, mannaggia! che avendo fatto i voti, dovete prestare cieca ubbidienza a’ superiori che Dio vi ha dato?»
«Presso quale Evangelista si trova scritto che il Nostro Signore m’abbia dato per superiore il reverendo cavaliere Don Pietro Calandrelli?»
«Io sono vostro superiore in nome della santa Chiesa cattolica».
«Che cosa intendete per Chiesa cattolica?»
«Intendo, signora mia, la padrona dei re, la rappresentante di Dio sulla terra: dico la Santa Sede, e l’intero cattolicismo che le ubbidisce».
«Non credo nella Santa Sede, col vostro buon permesso».
«Dunque voi non siete cattolica?»
«Se quello che voi chiamate cattolicismo in mano al papa, ai cardinali, ad altri vescovi e preti non dovesse essere altro che un mezzo d’industria, una macchina d’ignoranza e di servaggio, per fermo, io non sarei cattolica!»
«Che cosa dunque sareste?»
«Cristiana; e ci guadagnerei un tanto».
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«Uh, che orrore, che orrore!» gridò. «Sareste voi protestante?»
«Scismatica?» soggiunse la priora.
«Né l’uno, né l’altro» ripresi io; «sarò cristiana di quel rito che favorirà la civiltà, il benessere, la libertà de’ popoli. Ecco la fede mia, che pur sarà la fede dell’avvenire».
«Voi siete una religiosa empia e sacrilega! Signora priora, vi raccomando di badare bene, che il contagio di tali opinioni sataniche non infetti le giovanette innocenti del ritiro».
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