Pagina (294/337)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      La portinaia scendeva la mattina per tempo sino alla porta di fuori, che apriva, e nel risalire chiudeva l’altra di sopra per modo che la scala rimaneva deserta. A metà di quella scala stanno le porte de’ parlatorii.
      Sarei scesa, senza farmi vedere, dietro alla portinaia, e mentr’essa starebbe aprendo il portone, mi sarei nascosta in uno de’ parlatorii, avendo, innanzi l’alba, presa la cura di porre nella ruota, che lì dentro trovavasi, un cappello con fitto velo, ed uno scialle. Risalita la portinaia, e rimasta io chiusa al difuori, mi sarei spogliata della tonaca per restare coll’abito secolaresco già indossato di sotto; il cappello e lo scialle avrebbero compiuto il travestimento. Una gentildonna di mia conoscenza m’avrebbe attesa nella vicina via, chiamata le Rampe di Brancaccio; dalla piazza del Vasto una carrozza m’avrebbe menata al Molo, e quindi mi sarei lestamente imbarcata sopra un legno inglese che trovavasi in rada.
      Il mio progetto, agevole ad eseguire, non era noto ad altri che alla sola dama summenzionata, la quale, dopo di avermi accompagnata a bordo, si sarebbe portata a mia madre con una lettera.
      Sennonché, giudicando io l’onesto confessore incapace di tradire un segreto, volli metterlo a parte della mia risoluzione, acciocché dopo la fuga potesse debitamente regolarsi.
      Gli spiacque il mio disegno, e lo confutò come imprudente e rischioso.
      «No» mi disse, «voi, donna e giovine ancora, e monaca, voi non dovete espatriare per recarvi in lontane contrade, priva di mezzi di sussistenza, priva di guida e di protezione; i nemici vostri ne gioirebbero.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





Rampe Brancaccio Vasto Molo