Così quell’atto sovrano era chiamato anche dal comitato centrale di Napoli, il quale in un proclama dello stesso giorno diceva a’ napoletani:
«Qualunque apparente concessione, strappata dalla urgenza de’ tempi, ed intesa a ritardare la piena ed intera attuazione dell’idea nazionale, sarà accolta con disprezzo».
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XXVLa libertà
Mentre nella sola parola d’ordine: Italia una! convenivano dall’una all’altra estremità della penisola le aspirazioni di venti secoli e le predizioni di profondi pensatori; mentre l’eroico Capitano dei Mille prodi operava portenti, una voce magnanima e più tuonante che non sarebbe il bombardamento di un despota, la voce d’un poeta, che per genio, per caldo amore di libertà, pel lungo esilio, è ammesso alla cittadinanza di tutte le nazioni, una voce profetica innalzava l’Inno di gloria all’Italia rigenerata:
«Le fosse s’aprono; di tomba in tomba si grida Risuscitate! C’è più che vita, c’è apoteosi. Oh, egli è un divino palpito del cuore, quando chi è umiliato si sdegna, chi è caduto si rialza; quando brillanti e terribili ricompaiono gli splendori eclissati da molti secoli, quando Stambul ritorna Bisanzio, quando Setiniah ritorna Atene, quando Roma ritorna Roma!
«Tutti, quanti siamo, applaudiamo all’Italia: glorifichiamo questa terra delle grandi produzioni, alma parens! Presso nazioni, come questa, certi dogmi astratti vestono la realtà, si fanno visibili, palpabili: questa nazione è vergine per onora, madre per inesausta fecondità.
«Voi che mi ascoltate, ve la figurate voi, questa magica visione, l’Italia libera, libera dal golfo di Taranto alle lagune di San Marco.
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