.. Non vi sarà meno estasi nell’occhio dei popoli, meno sublime raggiar sulle fonti, meno ammirazione, meno gioia e trasporto per questa nuova luce sulla terra, che per l’apparizione d’un novello pianeta nel firmamento...!».
Educato alla perfida scuola de’ suoi maggiori, Francesco TI, vergogna del nostro secolo, sperava intanto di potere a sua volta baloccare e i sudditi e la rimanente Italia e l’Europa, finché il destro gli giungesse di ricondurre le baionette austriache in Napoli. Cieco alla lava che ogni giorno gli chiudeva il passo, sordo altrettanto ai consigli d’un saggio consanguineo, quanto a’ sotterranei tuoni che al disotto della sua stessa reggia romoreggiavano, ei volle fare assegnamento soltanto sulle litanie de’ preti, e sull’ignoranza tradizionale della plebaglia.
Ma il tempo de’ Fra’ Diavoli, de’ Ruffi, delle Marie Caroline, degli Acton, il tempo dei Tedeschi era già passato: ora la salma del Caracciolo dal fondo del mare ritornava a galla, e dal patibolo di Pagano a quello de’ Bandiera, lungo quella strada di espiazione, intrisa del più puro sangue d’Italia, non risuonava più che un solo grido: Morte a’ Borboni! Viva quel principe, che alla nazione stenderà la mano!
Alfine i grandi decreti della Provvidenza si consumavano: il presentimento di tanti secoli prendeva corpo e movenza in uno dei più strepitosi colpi di stato dell’incivilimento. L’ultimo monarca dei Capeti stava per isparire di scena, siccome un’ombra allo spuntar del dì, mentre il crocifero vessillo di Savoia, emblema d’indipen-
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