E il dì in cui la grande voce della Francia dell’89 chiamò popoli e principi all’esame dei loro titoli, questa famiglia, unita dalla stessa catena, dagli stessi dolori, dalle stesse miserie, si trovò disseminata ed isolata ad individui. Noi eravamo come gli antichi stati di Francia, il cui comune pericolo e la legge comune fecero una nazione; il vostro trisavo fece d’Italia un’Alemagna da cappuccini: peccato di origine, cui alcun battesimo di sangue o di lagrime non poté sinora cancellare. Re Ferdinando consumò l’opera d’isolamento. E’ fe’ di più. Egli si mischiò stupidamente in coalizioni contro la Francia, ed occasionò due volte l’occupazione straniera. E’ gittò perdutamente il reame nelle perdute avventure dell’Austria, e ci prese uomini, danari, navile, considerazione onde accorrere alla riscossa. Ei ci orbò di libertà,
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e ci negò ogni dritto d’uomo; e quando noi pure aprimmo gli occhi al sole, con cui rischiarò il mondo la Costituente di Francia, re Ferdinando insanguinò il reame con patiboli che variarono i suoi trastulli. Ei ci vendé all’Inglese, dopo averci prosternati all’Austria. Ei fuggì e ci rubò; ci rubò come un masnadiere, insultandoci col motto di non doverci lasciare che gli occhi per piangere. Rubò i depositi dei banchi e quelli de’ pegni; bruciò il navile; spogliò le residenze reali; ci calunniò; poi ritornando dall’esilio vituperato, uccise quanti poté, uccise i migliori, sterminò quanti pensavano, quanti sentivano generosamente, quanti onoravano Italia e per Italia palpitavano.
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